WWOOF

Diario agreste – scritto n.3: prima tappa, Ala, Trentino

Questo scritto è il numero 3 di 11 dell'antologia Diario Agreste

L’autore all’inizio della sua avventura: capre, agnelli, pecore, asini, galline… 

Oggi è il gran giorno: con due zaini, una macchina fotografica e un cappello di paglia in testa saluto mamma e papà, pronto a lasciare la stazione di Brescia alla volta della prima tappa del mio viaggio Wwoof: la Malga Riondera di Ala. Treno regionale per Verona, convoglio prevedibilmente pieno, faccio il tragitto in piedi.

Nel viaggio conosco il sig. Mario. Sui sessanta, di Bolzano, di lavoro posava pavimenti. Mi racconta delle sue vicissitudini e ascolta interessato del mio progetto. Anche lui è casualmente diretto ad Ala, dove oggi ha lasciato l’auto per non dover scendere fino a Verona.

Giunti nel capoluogo veneto ci facciamo un giro per la stazione, giusto il tempo di prendere il treno per il Brennero. Mi offre un caffè al distributore e mi rendo conto di quanto poco tempo manchi: il treno parte tra tre minuti, e il caffè non arriva mai. “Ce la facciamo” tranquillizza Mario. Fortunatamente sì, solo perché il treno è sorprendentemente in ritardo.
Partiamo verso nord, attraversando stazioni familiari: avevo percorso la tratta solo un paio di settimane prima scendendo da Innsbruck.

L’arrivo in stazione

Dopo un breve viaggio e una piacevole chiacchierata arriviamo infine ad Ala e ci salutiamo.
Ho modo di ammirare la piccola ma moderna stazione, di recente ristrutturata. La biglietteria sembra esser chiusa definitivamente, sostituita da due biglietterie automatiche. Il progresso, presumo.
Mentre cogito sulle magnifiche sorti e progressive vengo approcciato da un’anziana signora con il velo: chiede indicazioni per il paese, deve prendere il bus. Indico l’unica fermata e mi ringrazia. Non oso immaginare lo spaesamento per una persona di tale età, in un Paese così diverso.

Passano pochi minuti ed un arzillo signore arriva su un piccolo furgone rosso. Mi saluta tendendomi la mano: “Davide?”. “In realtà mi chiamo Nicola, ma Davide è comunque un bel nome”. “Oh scusa, chissà perché credevo fossi Davide”.
Chiacchieriamo del più e del meno mentre il furgone scala i tornanti. “Stai dieci giorni. É proprio il minimo. Se Alice ha detto così però va bene”. Mi confessa che la prima settimana è orientativa, la seconda più pratica, e in quindici giorni si capiscono a malapena le dinamiche dell’azienda.

L’arrivo in malga

Ci lasciamo sempre più alle spalle la civiltà addentrandoci nel bosco, dove presto giungiamo alla destinazione, la Malga Riondera. Rimango senza parole: incastonata nelle montagne trentine, la casetta è immersa in un enorme prato con dolci collinette. Una grande meridiana segna l’ora, occupando buona parte della parete. Alberi cresciuti in libertà svettano dando ombra ad alcune capre al pascolo. I colori sono così saturati che mi attendo da un momento all’altro la comparsa dei Teletubbies.  Mi fermo per qualche istante ad apprezzare il silenzio. É totale ed avvolgente, interrotto solo dall’occasionale cinguettio di un merlo.

Faccio la conoscenza di Mario (un altro), wwoofer siciliano, e chiacchieriamo un po’. Sta valutando un futuro nel mondo della pastorizia, che lo appassiona, e resterà in malga qualche mese.
Presto arriva Alice. Fuma una sigaretta e mi da il benvenuto. Più giovane di me di qualche anno, gestisce la fattoria praticamente da sola. É piena di energia e determinazione, non si perde in chiacchiere.

Ci mangiamo una pasta e mi vengono illustrate le mansioni e la struttura della fattoria. Comprensibilmente ansioso, essendo all’inizio del percorso, ascolto attento. Comincia così la mia avventura in malga. Nei giorni seguenti ho modo di conoscere l’intera famiglia di animali: le caprette, gli agnelli – battezzati da Mario Stellino e Mariolina – gli asini Nello, Oreste e Bebe, i gatti Genepì e Dexter. E poi i cani: i tre maremmani Lilith, Egel e Alioska, poi Lulù, Django, Orbo, Caddy e Rapa. Spero di aver azzeccato i nomi. Le galline ruspanti e i conigli sono innominati ma altrettanto simpatici e vispi.

Le mansioni

Trascorro le giornate aiutando Alice e Mario nei vari compiti, principalmente assistendoli nella gestione degli animali: preparazione del fieno e dell’acqua, allattamento degli agnelli, aiuto nel guidare le bestie fuori e dentro i recinti, trasporto di materiale. 
In un’occasione puliamo la stalla dal letame, rito iniziatico obbligatorio, raggiunti da Daniel, un ragazzo pastore amico di famiglia. Spaliamo tanto letame che andrà a fertilizzare l’orto: a colpi di piccone ci facciamo strada in profondità, liberando zolle di paglia e cacca, osservati dalle ruminanti capre della stalla accanto. Il futuro concime lo carichiamo a badilate nel cassone del trattore, ritmicamente, dandoci fraternamente il cambio. Nell’operazione perdo un braccialetto, lo ritroverò miracolosamente qualche giorno dopo, nemmeno troppo malridotto. L’ho lavato e conservato a ricordo dell’epica impresa. Non giudicatemi, è tutta natura.

L’autore fiero del proprio operato, dopo aver spalato letame

In un’altra occasione sistemiamo l’elettrificazione dei recinti e trasportiamo varie pietre per stabilizzare una zona di passaggio. Qualche giorno dopo montiamo le tende ad un gazebo.
Il lavoro di quei giorni è molto affascinante e ho modo di avvicinarmi alla vita dei pastori, apprezzando il tempo necessario alle bestie e il loro comportamento. Scopro con sorpresa che capre e pecore sono molto docili, comportandosi quasi come cani: le adulte sono calme e socievoli, tranne durante le liti di vicinato in cui si caricano e scornano con poderosi schianti. Non disdegnano di farsi grattare il collo, annusando a destra e sinistra. Talvolta non cooperano, alcune fanno storie durante la mungitura, situazione che richiede di doverle prendere per le bellissime corna. Non sono tori ma hanno una discreta muscolatura.
Curiosità: lo scroto degli agnelli è ricoperto di lana. Ha senso, ma è una rivelazione che mi cambia la vita. Nel caso ve lo domandaste: no, non ho toccato con mano, l’ho notato mentre l’agnello era in braccio a Daniel.

I capretti

I capretti sono ancora più dinamici, letteralmente ponendo sotto assedio il pastore come testimonia il video qui sotto. Particolare avviso ai pastori maschi di altezza simile alla mia (1,78): i capretti di quell’età tenderanno ad alzarsi sulle zampe posteriori per posarsi su di voi con quelle anteriori, atterrando ad altezza bacino. Le caprette hanno zoccoli piuttosto sviluppati e si muovono con rapidità. Traetene le dovute conclusioni.

Il lavoro in malga per questi quindici giorni mi ha inoltre permesso di apprezzare lo spirito di adattamento di chi gestisce questo tipo di impresa: imprevisti, incidenti e sorprese sono letteralmente all’ordine del giorno e non sempre è possibile pianificare. In ordine sparso: una pecora ingoia probabilmente un’ape e si ritrova con la gola gonfia. Poi un agnello si becca la congiuntivite. Poi il boscaiolo che collabora con la fattoria taglia per un malinteso le piante di sambuco che Alice usa per lo sciroppo. E ancora recinzioni che si spaccano, elettrificatori che non funzionano, cancelli dimenticati aperti con conseguente fuga di alcune pecore (poi ritrovate). Successivamente una pecora viene morsa sul naso da uno dei cani, il che richiede l’intervento con disinfettante. Un altro giorno il problema dei formaggi che non vengono bene, e che sono necessari il giorno successivo per i clienti. Un coniglio contrae un’infezione ad un orecchio. E poi i piccoli fastidi, come Caddy che lestissimo trova le uova delle galline e le mangia prima di noi. O quel giorno in cui un agnello entra in cucina, si appoggia al lavello e rovescia un contenitore in vetro con il cibo per i pulcini.

Già, i pulcini: quest’anno non è buono, con metà uova non schiuse e parecchi piccoli che non ce l’hanno fatta, forse per il clima così rigido.
L’inizio dell’anno non è stato migliore, mi confessa sconsolata Alice: tubature gelate in pieno inverno e un’inondazione che ha allagato la Stube, la zona adibita alla ristorazione dei clienti. “Bello lavorare secondo Natura” sospira Alice “ma a volte ci si sente impotenti e ci si domanda ‘Ma chi me l’ha fatto fare'”. La voce è ferma, non si percepisce tristezza.
Non posso che ammirare lo stoicismo con cui lei va avanti, sempre con il sorriso, a dispetto di un problema alla schiena che sta curando. Mentre racconta ha anche le placche in gola. Ma lei non molla: ogni giorno si sveglia prima di tutti, e va a dormire per ultima. Tutti i giorni, tutte le stagioni. La fattoria non si può fermare.
In lei vedo la passione e l’entusiasmo necessari a portare avanti una simile impresa e sono convinto tutto migliorerà. Con una forza simile non può essere altrimenti. Lo spirito di collaborazione con la famiglia, specie con sua sorella, è di esempio a chi visita la malga.

I saluti

É il momento dei saluti: vengo accompagnato alla stazione da Alice, Mario e Matteo, il nuovo wwoofer arrivato dopo di me. Ricevo in dono il miele prodotto dalle loro api e una scultura molto particolare: una pecorella in avorio vegetale.
Ci abbracciamo e ringrazio, commosso.

Mi incammino sul binario e attendo in solitudine il treno per Verona. Dalla distanza vedo un signore correre verso di me: è Andrea, il padre di Alice. É venuto a salutarmi, era stato in vacanza qualche giorno e non ci eravamo ancora visti. Abbraccio anche lui e salto sul treno alla volta del Friuli.
Arrivederci Trentino e arrivederci Malga Riondera, grazie per la bellissima esperienza, grazie a voi ho imparato tantissimo ed è stato l’inizio perfetto al wwoofing e alla mia avventura 🙂

In treno per Verona, con i doni di Alice e Andrea: La scultura in avorio vegetale e il miele!
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Nicola “spidernik84”, si è trasferito nel Settembre 2010 a Stoccolma, in Svezia. In questo blog troverete il resoconto della sua avventura in terra scandinava, un lungo viaggio alla ricerca di un impiego e di nuove opportunità, ricco di avventure inconsuete e testimonianza delle sorprese che un trasferimento all’estero presenta. Ad inizio 2019 lascia temporaneamente la Svezia per un periodo sabbatico nel circuito WWOOF.