Svezia

Diario svedese – scritto n.9: nuovi arrivi e visita al primo appartamento

Questo scritto è il numero 9 di 69 dell'antologia Diario Svedese

L’autore a spasso per la capitale. Nuovi arrivi. Visita all’appartamento.

Mi sveglio alle sette con la sveglia di Aziz, oggi ha un importante convegno su temi a me ignoti.
Consumo una frugale colazione a base di te, biscotti “digestivi”, succo d’arancia e una mela del Sud Tirolo fredda di frigorifero, giusto per sostentarmi.
Programmo di farmi un giro in cerca di una lavanderia quando ricevo un messaggio da Santo, che gentilmente mi invita a pranzo. Accetto di buon grado l’invito, dirigendomi al discount di Radmansgatan per acquistare della verdura.
Ad operazione compiuta mi siedo su di una panchina, osservando la gente nella speranza di notare personaggi curiosi. Incrocio un uomo corpulento, un imbianchino o un artista a giudicare dai pantaloni imbrattati di vernice. Fuma una pipa ed indossa un cappello nero.
Pochi passi ed incrocio un altro soggetto particolare: un anziano con un giubbotto da motociclista, una barba raccolta in treccine di diversi colori ed un berretto sportivo. Sorrido. In fondo la vita da nomade dà più di uno spunto di riflessione.

Mi reco da Santo a Brommaplan, ha preparato un delizioso pranzo a base di filetti di salmone, con i pomodori e l’insalata acquistati poco fa. Sempre gentile, Santo mi illustra il funzionamento del bollitore e della macchina per il caffè all’americana, strumenti che ho sempre guardato con circospezione in quanto a me sconosciuti. Scopro un po’ di più del suo affascinante passato ed elogio la sua felpa dell'”Aeronautica Militare”, dove scopro lavorasse.

Ringraziandolo per l’ottimo pranzo, scappo per l’appuntamento con Anders. Ci siamo accordati per dare un’occhiata al famoso appartamento.
Sono in attesa del suo arrivo, quando mi si avvicina un ragazzo con il capo completamente rasato. Sul lato destro del cranio ha tatuato un revolver e vi sono alcune scritte che evito di decifrare. Fortunatamente non è Anders, cerca soltanto una sigaretta.
Poco dopo mi viene incontro un gigante biondo, alto almeno due metri e con la corporatura di un giocatore di Rugby. Le sue braccia sono entrambe tatuate dal polso al gomito con motivi colorati.
“Hey, Nicola?” mi chiede, indicandomi.
“Ahem… ye-yeah! Hej!” rispondo con malcelato timore.
“Nice to meet you, follow me to my car” mi risponde bonariamente con un’energica stretta di mano.
Se proprio devo…
Mi conduce deciso alla sua “car”: un gigantesco Chevrolet Silverado, un pickup di quasi sei metri nero come la pece, con degli immensi cerchi da venti pollici. Mi invita a salire dietro: l’abitacolo è immenso, ma è occupato in larga parte da un seggiolino per bambini, caschi di protezione da cantiere, contenitori di vernice e oggettistica di vario genere. Mi siedo nell’unico spazio disponibile, dove probabilmente è solito viaggiare un cane di grossa taglia, aspetto comprensibile dalle zampate canine sulla pelle del sedile. Si scusa: è l’auto del lavoro. Non mi scompongo, non è il caso di essere schizzinosi.
Ci avviamo e noto distrattamente che nel porta-oggetti c’è un cellulare Blackberry di color rosa shocking. Il mio cervello, con inaudita e puntuale crudeltà, sceglie di sottolinearmi alcuni aspetti interessanti della vicenda: che sono a duemilacinquecento chilometri da casa, solo, senza fissa dimora, nel pickup di uno svedese di due metri con un Blackberry rosa, diretto non so dove. Beh, e che altro potrebbe succedere?
Arriviamo all’appartamento senza intoppi. Anders mi guida su per le scale ed estrae le chiavi per aprire la porta. Armeggia per un po’ senza successo, visibilmente imbarazzato. Ad un tratto, la porta si apre delicatamente.
Facciamo il nostro ingresso e lì mi trovo di fronte una scena che credevo possibile solo in un b-movie hollywoodiano: Anders tira la porta ed una piccola montagna di carte e fogli frana sui suoi piedi (la posta viene recapitata all’interno delle case tramite un’apposita feritoia).
Scavalchiamo l’ostacolo e mi guida nel soggiorno: il letto è sfatto, sul pavimento giace in deprimente solitudine un piatto sporco di sugo, abbandonato da chissà quanti giorni (mesi?). Sul tavolo vi sono dei bicchieri sporchi ed alcune carte stropicciate. Nell’angolo, la luce è stata con noncuranza lasciata accesa. Noto sul bracciolo dell’immenso divano quello che sospetto essere un perizoma o un reggiseno nero, in pizzo. Ad un tratto, gelo alla sola idea di visitare la cucina: non so se attendermi un cadavere o dei profilattici usati…
Fortunatamente, la cucina è un poco sporca ma non vi è traccia di alcun residuo biologico.
Esprimo ad Anders il mio entusiasmo: l’appartamento, chiaramente adibito a scannatoio, non pare essere una dimora fissa dell’amico. Nutro speranze di potermici insediare.
Saluto Anders con una stretta di mano e gli prometto una risposta l’indomani.
Nel tardo pomeriggio faccio il mio rientro in ostello.
Aziz è arrabbiato, discute con la ragazza della reception perché una certa Jocelyn gli ha rubato il letto, spostando senza troppi complimenti i suoi vestiti altrove. Nel frattempo, la camerata si è popolata di altre due ragazze che masticano appena l’inglese. Aziz spera solo che ci lascino dormire. discutiamo per una mezz’oretta in inglese, con forti contaminazioni di francese, italiano, con l’aggiunta di qualche vocabolo in svedese e le tre finezze in quell’elementare latino che ricordo dai tempi del liceo. Scopro che Aziz ha un dottorato in antropologia ed è marocchino, sposato con una svedese.
Ama il pragmatismo del Paese ma soffre per il clima e per la chiusura dei “nativi”. Cose risapute.
Lo saluto e vado a farmi una doccia. Come ieri, anche oggi sono in difficoltà: le docce sono ricavate da stanze piccolissime e mi vedo costretto ad utilizzare qualsiasi oggetto come punto di appoggio, vista la totale assenza di mensole. La borsa appesa al tubo della tenda, i saponi sul rubinetto, i jeans sullo scalino. Sopravvivo anche questa volta.
Nel frattempo è arrivato un dottore: è qui per un meeting sul diabete. Ora siamo al completo.
Anche il settimo folle giorno a Stoccolma è passato. A domani, dunque!

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Nicola “spidernik84”, si è trasferito nel Settembre 2010 a Stoccolma, in Svezia. In questo blog troverete il resoconto della sua avventura in terra scandinava, un lungo viaggio alla ricerca di un impiego e di nuove opportunità, ricco di avventure inconsuete e testimonianza delle sorprese che un trasferimento all’estero presenta. Ad inizio 2019 lascia temporaneamente la Svezia per un periodo sabbatico nel circuito WWOOF.