Vale, locus infamis
Oggi, finalmente, ho preso la decisione di tornare al mio ormai vecchio liceo per ritirare quel soffertissimo diploma, frutto di 6 (si, sei) anni di fatiche, sofferenze, delusioni, e tristezza passati nel desiderio di poter finalmente stringere quel pezzo di carta, dal valore di più di mille tesori, per me.
Ormai fuori, l'intenzione era di consegnare l'attestato di versamento, ritirare il malloppo e tornare a casa dove mi attendeva un piatto di spaghetti al sugo, senza troppi problemi, senza pensieri e riflessioni impegnative. Ritirare il foglietto del cavolo e tanti saluti.
In realtà le cose andarono diversamente. Dopo il ritiro del cimelio e il successivo “arrivederci” alla segretaria (e sussurrato “si, col ca##o che mi rivedete, stronzi!”), mi incamminai verso l'uscita, percorrendo il viale e raggiungendo il parcheggio principale.
Fu a quel punto che venni assalito da uno strano senso di gioia ed euforia: stringevo tra le mani il mio diploma, avevo superato l'ostacolo più grande della mia vita e la causa della mia cronica apatia. Non riuscivo a trattenermi dal sorridere, uno dei sorrisi più naturali e a me sconosciuti che avessi fatto in tanti anni. Alzai lo sguardo, di fronte a me giaceva, immobile, il cancello in ferro che per 54 mesi avevo attraversato a piedi, la porta dell'inferno. Lo superai e mi venne da ridere, un riso di gioia, ma anche di sfida. Mi voltai: “Ora non puoi più nulla su di me, con te non avrò mai più a che fare, da oggi sono libero”.
Mi è comunque impossibile dimenticare, pur volendo, i passati sei anni, vissuti con gli amici della prima e della seconda classe, le gite, le feste, le battute e le prese in giro. Rimarrà tutto impresso nella mia mente, radicato nei miei ricordi e sempre presente. Forse, un giorno, guarderò al passato con un sorriso sul volto, dicendomi “si, in fondo nella vita ogni esperienza ci fa crescere, nel bene e nel male”