Diario svedese – scritto n.51: riflessioni sotto il sole di primavera
L’autore e le riflessioni del sabato pomeriggio.
Sono al parco pubblico, a pochi passi da casa. Un leggero vento fresco e il sole splendente rendono la temperatura ideale e l’inverno un lontano, brutto ricordo.
Di fronte a me un piccolo specchio d’acqua e lo scrosciare di un fiumiciattolo. A qualche passo dalla panchina su cui siedo un’oca canadese rovista nell’erba, non spaventata dalla mia presenza. Le sue sorelle nuotano nel lago, altre riposano sull’erba, la testa tra le penne.
No, non si tratta di un incubo (come avrete compreso dallo scritto precedente, i volatili sono ormai la mia ossessione), ma di ciò che io definisco “pace”.
Non riesco proprio a trovare una ragione concreta per cui l’essere umano debba considerare la natura un accessorio, un impiccio alle sue manie di inutile cementificazione di tutto l’edificabile. Sarò di animo antico, un poco romantico, un poco patetico, e per qualche limitato cervello un po’ gay e di sinistra (perché il rispetto della natura è questo, in Italia) eppure, mentre scrivo queste parole, non scambierei nessun bene materiale o comfort con quello che mi trovo attorno.
Ora comprendo il perché del concreto e sincero dolore che mi attanaglia ogni volta che leggo di pozzi petroliferi esplosi, di centrali nucleari in pezzi, di animali ammazzati per puro profitto e di tutte le altre vergogne elencabili in questa infinita lista.
L’umanità è responsabile delle sorti di questo pianeta più di ogni altra specie, e ciò che vedo è una grande e cocciuta incoscienza. Potrei scrivere per ore e dar vita ad una lamentazione senza fine. Chi mi conosce sarà saltato sulla sedia, d’altronde si sa che quando comincio poi non c’è modo di fermarmi. Avrò dunque pietà dei lettori, lasciandoli con un pensiero: chi è dunque così imbecille da orinare nell’acqua che andrà a bere e defecare nel cibo che andrà a mangiare?